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Interviste impossibili



Intervista a Ulisse: l'Uomo

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Sicuramente questa intervista è molto difficile. Certo io non sono Dante, ma tre giorni di attesa per vedermi firmare un visto d’ingresso sono veramente troppi. Per non parlare della coda che ho dovuto fare per essere traghettato sull’altra sponda dell’Acheronte; peggio di un centro di ‘accoglienza’ per extracomunitari.
Devo dire che mi sono anche un po’ spaventato con tutti quegli ascensori affollati che continuavano a scendere. Ero ormai all’ottavo livello, convinto di essere arrivato, quando mi hanno fatto salire su un altro ascensore, vuoto questa volta e giù ancora, sino a quando sul display è apparsa la scritta “Località ottava bolgia, via dei Consiglieri Fraudolenti”.

Adesso che, sono finalmente giunto innanzi al mio eroe preferito, i miei pensieri vengono interrotti da un fremito, un fremito proveniente dalla doppia fiamma che si dimena davanti ai miei occhi, e inaspettatamente è la lingua più piccola che inizia a parlarmi.

D “Chi sei tu che pretendi di parlare a Ulisse, quando neanche il Divino poeta osò tanto?”.
E “Scusa Diomede ma io ho chiesto l’autorizzazione per questa intervista”.
D “Giovanotto, tu hai chiesto l’autorizzazione a scendere in questo luogo dimenticato da Dio, non a intervistare il mio grande amico”.
E “Per piacere lasciami parlare con lui. Ricordo ancora, quando bambino vidi l’Odissea in televisione e quell’uomo vecchissimo che declamava i versi del poema all’inizio di ogni puntata; sapevo che non era Omero, ma capivo che era un grande uomo. Anni dopo seppi che era Giuseppe Ungaretti”.
D “Che c’entra?”.
E “Per me Ulisse è la grandezza e la grandezza è Ulisse …”.

Fu come un crepitio, poi la fiamma più piccola arretrò lasciando avanzare la lingua più grande, che quasi sembrò prendere la fisionomia di un volto incorniciato da una barba e …, e parlò.

U “Grazie Diomede, amico mio ma questo ragazzo è simpatico, un po’ tocco ma divertente”.
E “Grazie Ulisse”.
U “Chiedimi pure quello che vuoi ragazzo?”.

Chissà come mai in tutte queste interviste sono trattato come un giovane? Che sia un buon segno?

E “Ulisse inizierei con una domanda, che spero non urti la tua sensibilità”.
U “Procedi pure, ti accorgerai che non è facile scalfire la mia sensibilità”.
E “ Ho sempre avuto qualche perplessità sulla figura di Achille. Troppo facile fare l’eroe quando si è quasi totalmente invulnerabili e si gode della protezione degli Dei. Mi sembra che ben altro sia lo spessore eroico di Ettore. Ecco, tu chi ritieni sia stato più valente fra i due eroi?”.
U “Guarda, non è che amassi molto Achille, un bestione ottuso e iracondo sempre pronto a menar le mani, ma anche Ettore, mi dispiace deluderti, non era niente di che. Troppo bigotto e poi quell’ostinazione a voler difendere a tutti i costi il debosciato del fratello Paride.
Ma ciò che meno ti piacerà è che, il famoso “Domatore di cavalli”, era un vigliacco”.
E “Un vigliacco?”.
U “Anzi, ti dirò di più; Ettore è morto grazie alla sua vigliaccheria”.
E “Scusa Ulisse, ma questa mi sembra proprio grossa!?!”.
U “Vedi, Ettore era un grande stratega, sotto la sua guida l’esercito troiano non ha mai fatto un errore, e un guerriero così intelligente, così esperto, certo sapeva che uno scontro frontale con Achille era solo un suicidio, e sapeva anche che con la sua morte prima o poi Troia sarebbe capitolata.
Poi quel giorno, il Pelide era così furente e spaventevole, che anch’io, pur non dovendolo affrontare, ne ero intimorito”.
E “Ma all’inizio del combattimento Ettore scappo?”.
U “Infatti, era la scelta giusta! Io non so se pensava di sfuggire al mirmidone, o se era una tattica per fiaccarne le forze, d’altronde, quello che pochi sanno è che Ettore era più veloce di Achille. Ma poi il troiano, giunto al terzo periplo delle mura di Troia ebbe paura della sua paura.
Probabilmente fu il vedere lo sguardo attonito dei suoi concittadini, che dall’alto delle mura lo guardavano scappare, forse fu il correre al disprezzo che avrebbe letto in suo figlio una volta cresciuto, forse, forse non so, ma Ettore stoltamente e vigliaccamente si fermò.
Prima scagliò la sua asta Achille, senza cogliere il bersaglio, poi fu la volta di Ettore, ma la sua lancia s’infranse sullo scudo del rivale. In quel momento, il figlio di Priamo capì di essere perduto; avrebbe voluto riprendere la fuga, ma il destino beffardo, congelando le sue membra per la paura, salvò il suo onore.
La spada di Achille le carni del collo crudelmente gli lacero”.
E “Certo che poi Achille mancò di rispetto a Ettore, trascinandolo in quel modo dietro al suo carro!”.
U “Guarda, non te la prendere tanto calda, nessuno mi toglie di mente che in realtà il prode Ettore passasse buona parte del suo tempo a cercare di dare una bella ‘botta’ a quella figacciona di Elena”.
E “Ma Ulisse, ti sembra questo il modo di esprimerti?”.
U “Ho capitooo, la tua conoscenza della nostra storia deriva dal quel film, come si chiama? A sì, Troy. Vediamo di chiarirci le idee: Brad Pitt ed Eric Bana dimenticali! Tu pensa a due energumeni tozzi, neanche tanto alti, con le barbe incolte e un po’ sporchi. Io stesso una bellezza non ero: basso, tarchiato, barba nera lunga, capelli ricci e uno sguardo più da ladro che da principe. D’altronde a quei tempi se non eri svelto di mano campavi poco”.
Sono esterrefatto, deluso, incredulo. Penso a tutte le donne a cui Ulisse ha ferito il cuore: Calipso. Circe, Nausica e Penelope.
U “Ragazzo, io pensavo già di essere abbastanza monocorde, ma tu pensi proprio solo a quello è?”.
E “Ma come fai a sapere quello che ho pensato?”.
U “Sai, c’è anche qualche vantaggio a essere morto, eh eh”. Comunque ai miei tempi ero quello che si dice un bel tipo, poi ti assicuro che anche oggi i tipi duri e decisi hanno un loro mercato”.
E “ Forse è meglio se cambiamo argomento”.
U “Sì penso anch’io”.
E intanto mi guarda ironico.
E “Parliamo del tuo avversario più impressionante, il ciclope Polifemo”.
U “Avrei voluto non parlare di ‘Poli’”.
E “Perché?”.
U “Beh, vedi, la storia non è andata proprio come si racconta”.
E “A questo punto gradirei ascoltarla”.
U “Beh, innanzi tutto era si grande, ma non proprio come si dice. Era un pezzo d’uomo di oltre due metri e ti assicuro che per l’epoca era gigantesco; lo stesso Aiace, il più grosso di noi Achei, non arrivava a un metro e ottanta”.
E “Comunque aveva un occhio solo sulla fronte”.
U “Più che altro era guercio, aveva perso un occhio in un incidente da bambino. E poi era debole di mente. I suoi fratelli gli avevano dato da guardare le pecore perché era l’unica occupazione che fosse in grado di svolgere”.
E “Ma allora tutto quello che si racconta …?”.
U “Quel mattino sbarcammo dalla nave già un po’ alticci e quando vedemmo le pecore di ‘Poli’ ci avventammo su di esse sgozzandole senza misericordia; e non una due, ma come accecati da una furia omicida insensata ne uccidemmo almeno una ventina. Continuammo nella nostra strage sino a quando afferrai l’armento preferito di Polifemo, il grosso montone; solo a quel punto il gigante intervenne pregandomi di risparmiarlo. Ma io ero Ulisse, non potevo certo ascoltare le preghiere di un bifolco per quanto grosso fosse e così tagliai la gola alla povera bestia irridendo il gigante. Fu a quel punto che il Ciclope, pazzo di rabbia e di dolore ci assalì e nonostante le dimensioni si dimostrò maledettamente agile e veloce. Riuscì con la sua mazza a fracassare la testa a sei miei compagni e nel frattempo urlando a squarciagola chiamava i suoi fratelli che, pur non alti come lui erano degli energumeni di tutto rispetto. La situazione si stava facendo difficile, allora, senza farmi notare, dissi a due dei miei compagni di piazzarsi dietro il gigante tendendo tirata una corda, quindi predisposta la trappola, lo fronteggiai con la mia spada, facendo comunque ben attenzione a non avvicinarmi troppo, ma riuscendo a farlo indietreggiare quel tanto che bastò a farlo inciampare nella canapa tenuta tesa dai miei uomini. Non persi tempo, gli volai subito addosso e con un bastone appuntito gli cavai l’occhio che gli era rimasto. Non contento incominciai a urlare verso i fratelli che si vedevano arrivare in distanza, che anche un signor nessuno come me era riuscito ad avere la meglio su quel finocchio del loro fratello. Solo allora, con le mani ancora lorde di sangue scappammo rapidi e sghignazzanti verso la nostra nave”.
E “Ma è terribile!”.
U “Trovi?”.
E “Dov’è finito l’eroe che conoscevo? Il latte della mia fantasia erano le tue gesta, i miei ideali si dissetavano all’idea del tuo spirito indomito”.
U “E bravo hai proprio capito tutto!?! Quindi per essere un eroe bisogna essere belli, mossi da nobili sentimenti, oltre che essere di sangue nobile e forte, fortissimi. Il bello è che tu stesso hai messo in discussione l’eroismo di Achille perché invulnerabile”.
E “E’ vero, ma uno straccio di ideali ci vogliono e poi quella crudeltà insensata”.
U “Già tu non uccideresti mai un agnellino! Ne mangi la carne, ma certo solo il giusto”.
E “Sì qualche contraddizione non possiamo non averla, non sto mica parlando di perfezione”.
U “Dei dell’Olimpo quanto sei stupido ragazzo! Pensa, voi avete paura dei vostri complessi, non avete il coraggio di dire alla vostra donna che l’amate, tremate al pensiero che gli scaffali dei vostri negozi siano vuoti e se avete un raffreddore fate testamento. Noi vivevamo in un modo ostile e sconosciuto, un tuono era la voce benevola o irata di un Dio, dietro ogni albero si poteva celare una fiera spietata, per non parlare che potevi trovarti una spada piantata nella schiena in qualsiasi momento. Alla fin fine arrivare al giorno dopo con la pancia piena era già un traguardo. E gli uomini, la maggior parte degli uomini avevano bisogno di un leader che li guidasse a vedere l’alba dell’indomani. Così diventavi un condottiero, un re, un eroe, anche se principalmente lo facevi per la tua pancia. Ho sempre avuto in uggia quegli smidollati che ti criticano per le tue scelte, per le tue azioni, mentre loro si guardano bene dallo sporcarsi le mani e rimangano sempre solo a guardare, sempre solo a dire quanto sei cattivo. Ma mangiare mangiano anche loro, eccome se mangiano”.
E “Certo non voglio toglierti i tuoi meriti e so che scegliere significa anche sbagliare, ma allora non capisco perché sei partito per quel tuo ultimo viaggio senza ritorno. La pancia e il nerbo li avevi ormai soddisfatti?”.
U “Perché sono un uomo!”.
E “Che vuol dire?”.
U “Noi esseri umani siamo il peggio del creato. Tutte le nefandezze che si possono pensare non bastano a riempire l’otre dei nostri crimini. Abbiamo corrotto anche gli Dei alle nostre meschinità, e voi ‘moderni’ addirittura un Dio avete fatto nascere a vostra immagine e somiglianza. Ma c’è un qualcosa che ci eleva dalla nostra misera condizione ed è la nostra capacità di sognare, è quella pazza temerarietà che induce alcuni di noi a inseguirli i sogni pur sapendo che sono irraggiungibili. Ed è proprio in questi folli voli che diventiamo grandi, che a volte riusciamo a realizzare l’impossibile”.
E “Ma quanto coraggio c’è voluto a partire per un viaggio fino alla fine del mondo!?!”.
U “No, ti sbagli, non è coraggio è inconsapevolezza. Tu sai che è una cosa pericolosa, ma in realtà non lo capisci, non lo senti il pericolo, ne sorridi. E’ questa la nostra forza, questa leggiadra incoscienza che ci fa affrontare pericoli immani e credere nei sogni. Se la nostra razza fosse composta da soli uomini di buon senso saremmo già scomparsi dalla faccia della terra da millenni”.
E “Mi vuoi dire che quando tu partisti in realtà era come se stessi giocando a fare l’eroe …”.
U “ Bravo, hai capito! Giocare, giocavo con la mia vita, con la vita dei miei uomini, giocavo con il sogno di grandezza dell’uomo e mai avrei avuto il coraggio di partire se avessi veramente saputo cosa stavo facendo. Solo l’incosciente voglia di giocare, solo l’irrinunciabile voglia di vivere mi ha permesso di entrare nella leggenda e di scrivere uno dei più meravigliosi capitoli della storia dell’uomo …”.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza


Improvvisamente due energumeni vestiti di nero mi prendono di peso e m’imbarcano su un ascensore che sale. La mia intervista è bruscamente finita.
Certo che è duro digerire che l’eroe più ammirato di tutti i tempi fosse poco più di un volgare furfante, ma forse è proprio grazie alla sua umana miseria che è diventato tanto grande.
Solo che adesso la mia anima, quest’anima tremebonda, mi fa ancora più paura.

Nota. Mentre cercavo su Internet notizie su Ulisse, ho scoperto tardivamente che, il 15 giugno del 2010, all’età di 74 anni, Bekim Fehmiu, l’eccezionale interprete dell’Ulisse televisivo, era morto, forse suicida.
Dedico queste mie righe all’indimenticabile Ulisse della mia gioventù.

novembre 2011 - revisione del gennaio 2015