Ero
ancora avviluppato da uno strano tormento, l’intervista a Ulisse
aveva messo a dura prova le mie convinzioni, quando l’ascensore
interruppe bruscamente la sua risalita; stazionò come in bilico
per alcuni secondi e poi fu come se il mondo si aprisse sotto i miei piedi,
in una discesa senza fine, senza fiato per i miei polmoni.
Non so dire se passarono attimi, minuti o giorni, ma mi ritrovai in un
grande salone completamente bianco, completamente vuoto, esclusa una sedia
posta al centro del locale. Un uomo sedeva su quella sedia; poteva avere
una quarantina d’anni, indossava un completo nero con una camicia
bianca senza cravatta, i capelli e la barba, molto lunghi, erano di un
castano scuro.
Meccanicamente mi avvicinai allo sconosciuto, che increspando le sue labbra
in un lieve sorriso anticipò le mie domande.
G “Scusami per la discesa in ascensore
un po’ brusca, ma sapendo che mi volevi intervistare ho pensato
che fosse meglio non farti fare un lungo viaggio sino al paradiso”.
E “Ma tu, ma tu come fai a sapere chi volevo intervistare?”.
G “Sai, io so tante cose”.
E “Quindi tu saresti, anzi sei Gesù di Nazareth?”.
G “Sì!”.
E “Ma siamo all’Inferno!?! Nella tana del
tuo nemico!”.
G “Attenzione uomo! Non c’è nulla
nel creato che non mi appartenga e quindi io posso stare all’Inferno
come in Paradiso a mio piacimento”.
E “All’Inferno c’è Satana però?!?”.
G “Anche il Diavolo esiste nella misura che io
voglio”.
E “Cioè, tu vuoi dire che esiste il Diavolo,
e quindi che esiste il male per un tuo desiderio?”.
G “Sì”.
E “Ma ciò è mostruoso!”.
G “E' il libero arbitrio, non ricordi?”.
E “Ma il libero arbitrio su cosa? Su due concetti,
anzi entità, il bene e il male, che tu hai scelto, che tu hai creato.
Bello, la libertà di scegliere quello che vuoi tu”.
G “E’ qui che non capisci uomo. Credi che
il padre avrebbe sacrificato il figlio soltanto per un gioco perverso?”.
E “Guarda che conosco lo “scioglilingua”;
il male in se per se non esiste, il male è solo l’assenza
del bene, e tutte le atrocità che ci circondano sono colpa dell’uomo,
colpa del suo non amore”.
G “Uomo, se hai le idee così chiare perché
mi hai voluto intervistare?”.
E “Perché ti detesto quando indossi la casacca
del Dio vendicatore, ma ti ammiro quando ti fai uomo e scendi fra noi
a soffrire. Perché avrei voluto sentirti dire che non è
colpa tua se c’è il male. Perché ti odio per non aver
avvolto nel tuo abbraccio rasserenante la mia anima devastata dalla paura
di sapersi un uomo, di sapere la morte, la morte che ti porta via e più
non ritorni”.
G “E’ questo il punto! E’ la felicità”.
Io ho creato l’universo, il Sole e la Terra, il cielo e il mare
e un giorno a un pugno di sabbia ho dato la vita. Ma non c’era felicità
in tutto questo. Ho dato forma agli animali e qui c’era gratitudine,
ma non felicità. Allora ho preso il più debole, il più
sgraziato degli animali; l’uomo. E a quest’essere fragile,
impaurito ho dato una scintilla di me: la consapevolezza. Mai errore fu
più tragico. La creatura che mi era più cara di un figlio,
la creatura per la quale tutto il bene era voluto, era diventata l’essere
più infelice del creato, l’unico essere che conosceva la
morte”.
E “No, scusa Nazzareno, c’è qualcosa
che non quadra. Tu sei l’essere onnipotente e non riesci ad ottenere
quello che vuoi?”.
G “Uomo, devi sapere che ci sono cose imperscrutabili,
anzi dovresti saperlo se non fosse che la tua ambizione è così
smisurata che non riesci a capire che non puoi capire. Il bello è
che è proprio colpa mia se sei così, scusa, ottuso; è
quel riflesso di me che ti fa sentire onnipotente, che ti permette di
dominare e distruggere tutto”.
E “E sì, bella come scusa, siccome non puoi
capire io non ti spiego, tu ubbidisci e basta”.
G “Però più che un intervistatore
sembri un giudice, non è che mi vuoi crocifiggere di nuovo?”.
E “Scusa, hai ragione, mi sono lasciato prendere
un po’ la mano”.
G “Non importa, non ti preoccupare, anzi visto
che sono qua per farmi intervistare cercherò di placare, almeno
in parte, la tua ansia di conoscenza”.
E “Bene, ti ascolto”.
G “Ci sono due aspetti da considerare. Per parlarti
del primo ti faccio una domanda. La donna della tua vita, se ci fosse,
vorresti che ti amasse perché tu in qualche modo glielo hai imposto?
O preferiresti che il suo amore sgorgasse puro e copioso dalla sua libera
volontà?”.
E “ Beh, si certo …”.
G “Ecco vedi, questa è una delle ragioni
per la quale deve poter esistere l’assenza del bene; perché
tu possa scegliere se amarmi veramente.
Immagino già a cosa stai pensando: visto che sono infinita bontà
perché non rinuncio a un impulso, alla fin fine così egoistico,
come il voler essere amato?
Ma qui entra in gioco il secondo perché del male. A lungo ti ho
osservato, ti ho pesato, ti ho misurato, ti ho ascoltato, ti ho respirato,
anche un paradiso ho cercato di donarti, ma niente, non c’era niente
da fare, tu sei sempre stato infelice. E non era morte, non era solo la
paura della morte, era peggio, è peggio.
E “Cosa dici, cosa può esserci di peggio
della morte per un uomo, cosa può esserci di peggio del nulla eterno?”.
G “Assurdo vero? Ma per un disegno così
semplice e nel contempo così incomprensibile, che anch’io
fatico ad afferrarne il senso, tu uomo non puoi essere felice se non sei
infelice”.
E “Ma cosa dici? Non può essere!”.
G “ Eppure devi solo guardarti intorno; pensa anche
in Paradiso non eri appagato, e sì che non avevi neanche la morte
come compagna, ma solo il suo abbraccio ti ha permesso di capire quanto
valga la vita. Tu sei mia immagine e somiglianza e come tale aneli a un
qualcosa che su questa terra non potrai mai essere e tu uomo solo su questa
terra puoi essere uomo. Così per farti dimenticare la tua menomazione,
tu non puoi essere veramente me, hai bisogno della sofferenza per trovare
la gioia, anche solo momentanea, nelle tue vicissitudini umane.
Un padre sai, non può sopportare il dolore del proprio figlio senza
fare niente e a volte l’unica cosa che può fare è
un male che faccia dimenticare un male più grande”.
L’uomo Gesù si alza dalla sedia, mi saluta garbato e s’incammina
verso una parete della stanza scomparendo dalla mia vista, dai miei pensieri.
Non capisco, è come se il cuore si fosse fermato, sto per chinare
la testa e arrendermi all’ineluttabile sconfitta, ma un brivido
mi percorre le membra, scoppio a piangere e fra le lagrime amare la bocca
si storce in un sorriso per la sfida che mi si para innanzi: la scoperta
della mia vera natura.
gennaio 2012 |